Alessandro non li sopportava. Ossessivi e opprimenti, volevano controllare la sua vita, non sapevano nulla di lui, anche se avevano la presunzione di conoscerlo solo perché lo avevano messo al mondo. Insopportabili.
Uscì di casa più attento alle ferite che si portava dentro che non ai suoi passi. La sua mente si rifugiò nell’unico pensiero che riusciva a renderlo felice: Lucia.
Lucia sedeva davanti allo specchio.
Era da un po’ che si domandava il senso della sua esistenza e di tutto ciò che la circondava. Non voleva ammetterlo, ma il vuoto che aveva dentro era una voragine senza fondo e stava inghiottendo tutto. La violenza che aveva subito due anni prima l’aveva resa incapace di amare.
Paralizzata dalla paura, ma anche terribilmente sola ne aveva parlato con Agnese, e questo l’aveva fatta sentire un po’ più leggera. Ma poi quel peso le ricadeva dentro come un macigno. I suoi le avevano imposto di non parlarne con nessuno, ma non sapevano nulla di quello che lei provava. Quella sera uscì con Agnese e gli altri compagni di classe.
Arrivato in piazzetta, Alessandro si avvicinò ai suoi amici seduti sui motorini.
«Bella fra’» li salutò.
«Che hai? Di nuovo i tuoi?».
Non rispose, non ce n’era bisogno.
«Serata sushi? Ti va? Ci vanno anche loro» e indicò con la testa un gruppetto sull’altro lato della strada in cui si trovava Lucia. Alessandro fu subito d’accordo.
Nel locale faceva caldo, i tavoli erano stretti e molto vicini. Il gruppo di Lucia si sedette dall’altra parte della sala.
«Guardala dritta negli occhi e vedi se ricambia».
«Smettila di rompere!» Alessandro alzò un po’ troppo la voce, e dall’altro tavolo Lucia lo guardò.
«Cosa prendete da bere?».
Il cameriere si era avvicinato al loro tavolo.
«Fuoco di Drago».
«Scusa?».
«Sì, il Fuoco di Drago».
Alessandro si rivolse al cameriere che stava prendendo le ordinazioni.
«Ma se non hai mai bevuto!».
«Ho detto che prendo il Fuoco di Drago».
Alessandro alzò gli occhi verso l’altro tavolo e finalmente Lucia lo stava guardando dritto negli occhi, e sorrideva divertita. Lui contraccambiò il sorriso.
Il cameriere servì da bere e allungò il braccio destro per mettere un boccale fumante a forma di testa di drago davanti ad Alessandro. Più che dal boccale Alessandro fu colpito dai tanti tatuaggi su quel braccio.
Uno in particolare attirò la sua attenzione, era formato da due lettere incise in caratteri antichi all’interno del polso: T. R.
I suoi amici intorno non facevano altro che ridere, schiamazzare e incitarlo a bere.
Tutto il locale guardava verso di loro, ma a lui interessavano solo gli occhi di Lucia. La guardò per prendere forza, poi afferrò il bicchiere con fare deciso e bevve tutto d’un sorso.
Gli amici intorno a lui esultarono come allo stadio e tutto il locale sembrava divertito da quella allegria contagiosa. Gli occhi di Alessandro cominciarono a roteare, lui non sentiva più nulla, perse contatto con sé, e si accasciò impietosamente.
Lucia uscì a prendere una boccata d’aria, ancora col sorriso sulle labbra.
Alessandro era carino e sembrava anche un tipo simpatico. Forse se avesse avuto il coraggio di farsi avanti gli avrebbe anche potuto dare un’opportunità. Il suo sguardo si perse nelle prime foglie rosse d’autunno che scivolavano nell’aria. Ripensò al liceo classico che non sembrava entusiasmarla più di tanto. I professori ce la stavano mettendo tutta per farle passare la voglia di studiare. Si era già pentita della sua scelta nel biennio, ma non aveva saputo dirlo ai suoi genitori. Non l’avrebbero capita.
IL COMPRATORE DI TEMPO
13 Capitoli
216 Pagine
Che senso ha il tempo? A che serve la scuola? Ma, soprattutto, può l’amore avere età, confini o condizioni? È quello che scopriranno Lucia e Alessandro, due adolescenti al terzo anno di liceo.
Come tutti i ragazzi della loro età vivono la rabbia e i disagi di un periodo della vita che non sarà mai compreso, finché nello scorrere del tempo non avviene qualcosa di imprevisto. Lucia affronta l’abbandono di un’amica, la delusione di relazioni tutte uguali, la paura di sentirsi sola. Alessandro invece parte per un viaggio, dentro il tempo e dentro la vita di Lucia.
Attraverso le materie scolastiche vedrà mondi ed epoche sconosciute, vivrà situazioni nuove e impreviste, si perderà, ma alla fine troverà se stesso, l’amore di Lucia, e il senso della sua esistenza.
DUE DOMANDE A RAMIRO BALDACCI SU IL COMPRATORE DI TEMPO
Da dove deriva il titolo del libro?
Volevo un titolo che fosse evocativo del senso che ho io della vita. Il tempo che viviamo è l’unica cosa che abbiamo a disposizione, e dobbiamo impiegarlo bene perché è nelle pieghe del tempo che si scopre il senso di quello che cerchiamo. Il senso della vita, pur se è frutto di uno sforzo personale, può dartelo solo chi quel senso lo rappresenta, ed è in questo scambio tra il tempo che metto a disposizione e la ricerca del senso di me stesso che si trova la vera felicità.
Al di là delle sinossi in due righe il tuo libro, perché la musica?
La musica è il canale più significativo per trasmettere le emozioni più profonde, da sempre. Oggi la musica è un’esperienza multicanale, perché c’è la scrittura di un testo, c’è l’ascolto di una sonorità, la visione dei video musicali, prende completamente l’attenzione di chi ascolta e trasmette emozione vera, al di là dello spazio e, appunto, del tempo!
INTRODUZIONE AI CAPITOLI
Ricordo bene la prima frase del mio romanzo “Il compratore di tempo”, non solo perchè è stata scritta da me ma perchè pensata, misurata, amata sì amata.
Mi sono chiesto che forma potesse avere la mia parola: questi disegni, secondo me, colgono gran parte dell’essenza dei capitoli che compongono ‘Il compratore di tempo’.
La musica crea ponti che sfidano epoche e distanze. Ha la forza di entrare nel flusso del divenire del tempo, ti porta avanti e indietro nello stesso istante e ti fa provare nostalgia e speranza insieme, oltre il tempo e oltre lo spazio.
Ogni canzone ha il potere di sintonizzare i cuori sulla medesima emozione, con infinite sfumature differenti. Ogni canzone è un rifugio per il nostro cuore, decora e abbellisce lo scorrere del tempo, ci riempie dentro per non farci sentire il silenzio che c’è fuori.
“Alessandro non li sopportava. Ossessivi e opprimenti, volevano controllare la sua vita, non sapevano nulla di lui, anche se avevano la presunzione di conoscerlo solo perché lo avevano messo al mondo. Insopportabili.
Uscì di casa più attento alle ferite che si portava dentro che non ai suoi passi. La sua mente si rifugiò nell’unico pensiero che riusciva a renderlo felice: Lucia.”
Nella mia anima risuona una sinfonia fatta di emozioni, sensazioni, pensieri, intuizioni, ognuno come uno strumento diverso, eppure tutti insieme danno vita a ciò che sono. E quando la mia sinfonia si fonde con la tua, il paradiso fa brillare uno dei suoi raggi sulla terra.
Nei miei limiti trovo la finitezza del mio essere umano. Nei tuoi occhi sento la forza che mi spinge a superarli e mi invoglia ad essere – per te – una persona migliore. In questo sguardo si racchiude il senso dell’amore.
Il tempo batte inesorabile ogni giorno della nostra vita. Il ritmo è il modo in cui scegliamo di vivere quel tempo, e quando tempo e ritmo coincideranno, la vetta del senso ci apparterrà per sempre.
“Nel buio tutto resta sospeso, il tempo, la vita, i rumori; sembra quasi che tutto si fermi. E’ nel buio vero e profondo che incontriamo noi stessi, i nostri silenzi, le nostre paure. Se affrontiamo davvero il nostro buio riusciamo ad acquisire la consapevolezza della luce e a capire che l’oscurità esiste per insegnarci a splendere come le stelle nella notte. “
Riflettevo guardando i miei figli e mi sono reso conto che crescere è come salire su una montagna. Cominci da piccolo, quando i passi sono ancora misurati, impercettibili, a volte all’indietro. Il sentiero della vita ti porta nei prati dei tuoi silenzi, nelle vallate delle tue depressioni, nei boschi dei tuoi momenti bui. Poi arrivi in cima, e ti ritrovi grande. Vedi il sole sorgere, riempi i tuoi occhi con i primi raggi dell’alba, comprendi il cammino che hai percorso e ringrazi della fatica necessaria per diventare adulto.
“Tutti abbiamo due occhi, ma un unico sguardo, due orecchie, ma un unico udito, due narici, ma un unico respiro. Vivere la favola in amore vuol dire incontrare la persona con cui si realizza questa fusione, ma non serve alcun luogo fisico, perché si scoprirà di essere già l’uno nell’altra, da sempre.”
“Le piccole cose sono tante e le incontriamo tutti i giorni. Il problema sta nei nostri occhi, spesso distratti ad inseguire chissà quale chimera di dimensioni proibitive. Poi arriva un momento nella vita in cui ci accorgiamo che la nostra felicità è composta da tante piccole cose quasi insignificanti, impercettibili, e che tutte insieme fanno la differenza tra il saper amare e il chiudersi in se stessi. Anche una spiaggia è fatta da un’infinità di granelli di sabbia, e solo così può lasciarsi baciare dalle onde del mare.”
“L’amore ha bisogno del tempo. Le ferite, per rimarginarsi, hanno bisogno del tempo. Le sequoie, per diventare alberi secolari, hanno bisogno del tempo. Il tempo di cui tutti abbiamo bisogno è il tempo dell’attesa, il tempo del cammino, il tempo della crescita; ed è uno dei tempi più importanti della nostra vita, che ci immerge nel confronto con noi stessi. L’amore è quel campo che fiorisce oltre questo tempo ed è lì che ci incontreremo e staremo insieme per sempre”.
“Legata a questa canzone c’è una promessa che ho fatto a me stesso: essere io almeno una volta nella vita colui che “porta via” una persona da una situazione difficile. Quante volte mi sono trovato nelle difficoltà più profonde e ho cercato disperatamente qualcuno che mi tendesse una mano nell’oscurità, che mi facesse provare quell’amore che sa comprendere, che non si arrende. Non sempre ne ho trovati e restare da soli al buio fa davvero paura. Ora voglio essere io quella persona che sa tendere la mano, il tempo è venuto e già i primi raggi di sole si intravedono all’orizzonte.”
Completamente. Viviamo l’epoca della frammentarietà, e usare questo avverbio può sembrare inopportuno. Siamo divisi su più fronti, distratti da mille attività, e trovare qualcosa a cui dedicarci “completamente” è sempre più difficile. Ancora più complicato è quando il qualcosa diventa “qualcuno”. E qui sento mia la distinzione tra l’innamorarsi, quando amiamo l’unica cosa che vediamo nell’altro, i pregi, e l’amarsi, quando emergono anche i difetti. Forse sarò fuori tempo, ma continuo a pensare che o ci amiamo “completamente” o non ci amiamo.
Oggi, nella cultura del “tutto e subito”, l’istante vale più del tempo, l’attimo più della storia e l’effimero comanda la nostra quotidianità. Manca il percorso, la strada, il sentiero che conduce alla via adulta, perché è stato sommerso da infiniti attimi di nulla. Ci siamo così scordati che tutti abbiamo un paio di ali per volare oltre l’istante, ma per spiegarle è necessario a volte soffrire e versare sangue. Non tutti siamo disposti a sostenere questa fatica, ma coloro che ne hanno il coraggio sono pronti a diventare grandi, a vivere la vita nella sua pienezza, a godersi lo spettacolo dalle cime più alte dello spirito, a comprendere il senso profondo della parola “amore”. Non smettiamo mai di cercare.